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Trento, sabato 30 settembre 2017
Relazione di Carlo CASONATO
su
BIOETICA E BIODIRITTO: PRINCIPI E PROBLEMI
leggi programma

rassegna stampa


la testata del quotidiano il Trentino

testata del quotidiano Corriere del Trentino


Trento, 4 ottobre 2017
LA DURA CORSA A OSTACOLI
DELLA BIOETICA

di Roberto Colletti
dal Trentino di mercoledì 4 ottobre 2017

È bene o male quando l'ingegneria genetica interviene sulla cellula determinando modificazioni ereditarie? E ancora: è bene o male consentire al cittadino di decidere della propria vita quando la malattia lo rende non più padrone del proprio corpo? Sono domande che si pone la bioetica e le risposte spesso faticano ad arrivare. Affrontare i nodi che la ricerca scientifica e l'esperienza di vita impongono, non è facile.

Complessità e forti emozioni condizionano la riflessione. Ma ancor più d'ostacolo è la reticenza, se non timore, della politica.

E delle istituzioni, ad affrontare temi che, se l'una e le altre vogliono conservare un senso, non debbono essere lasciati alla sola responsabilità dei singoli cittadini. Non c'è una soluzione valida per tutti i casi. Tuttavia fingere di ignorare come la ricerca proceda spesso senza regole, o ignorare quanti singoli e famiglie ogni giorno si trovino di fronte a scelte drammatiche imposte dalla malattia senza un quadro normativo certo cui riferirsi, certamente non è bene. Rispetto di tutte le forme di vita, eugenetica e timori di derive razziste, quotidiane storie di malattie terminali: problemi di ordine diverso, tutti difficili e delicati.

Di questo ha parlato Carlo Casonato dell'Università di Trento nell'incontro organizzato alcuni giorni orsono dalla Scuola Langer. Non una lezione, ha precisato il docente di diritto costituzionale comparato, ma un confronto su temi che suscitano emozioni forti e sono divisivi sul piano sociale, culturale, politico. Temi che non offrono verità uniche o certezze ma impongono il dovere di chiedersi se è bene porre un limite alle sperimentazioni genetiche. Soprattutto quando non si tratta, cosa che in generale tutti approveremmo, di eliminare una malattia - eugenetica “negativa”- ma, al contrario, di programmare in un essere vivente caratteri “desiderabili” – eugenetica “positiva”- con tutti i rischi e i timori che tale prospettiva evoca.

Sono proprio questi, ha rammentato Casonato, gli interrogativi bioetici vissuti come “ostacoli burocratici e formali” da una parte della comunità scientifica che, sbagliando, li vorrebbe rimuovere. Del resto, si potrebbe aggiungere, in questo caso si tratta di “ostacoli positivi” per porre almeno un freno al procedere di una tecnica che non conosce limiti, se non i propri, ed è capace di subordinare tutto a se stessa. Nell'incontro sono stati, tuttavia, i temi del “fine vita” e del “suicidio assistito” a suscitare gran parte delle domande e osservazioni.

Negli ultimi anni vari Stati, ha raccontato Casonato, hanno elaborato, quasi sempre sulla spinta di dolorosi casi “personali”, norme che attenuano le responsabilità penali di chi interviene per ragioni di umana pietà in tali vicende. Soluzioni varie, non trasferibili in ordinamenti diversi, che hanno regolato le modalità e i casi specifici nei quali l'azione richiesta dal malato terminale meritava l'attenuante, senza mai, però, attribuire al singolo la disponibilità assoluta sulla propria vita.

Siamo su un terreno aperto, dunque, ma vissuto come quotidiana esperienza da migliaia di persone e famiglie che attendono un'indicazione normativa per non lasciare, come ha ricordato Casonato, che «non meno del 70% di questi morti siano frutto di decisione medica». Un'urgenza umanitaria che non pare coinvolgere il parlamento, vista la lentezza con cui esamina il biotestamento per istituire, superando l'attuale e inefficace “consenso informato”, almeno le “disposizioni anticipate di terapia sanitaria” che consentirebbero alla persona di porre un limite alle future cure estreme che gli venissero somministrate.

La questione, invece, pare terreno di scontro ideologico più che di umana pietà e di civile confronto. Confronto che anche in regione, come ha accennato Casonato, membro del Comitato nazionale di bioetica, pare procedere con qualche difficoltà.

Il riferimento è al Comitato etico per l’attività sanitaria di Trento dal quale, dopo un primo caso di dimissioni di tutti i suoi membri, Casonato, che lo presiedeva, si è nuovamente dimesso.

Le ragioni? “Avevamo chiesto la possibilità di svolgere opere di mediazione al letto del paziente, tempi e luoghi per colloquiare con i familiari, forme di pubblicità del lavoro svolto.

Queste condizioni non sono state garantite.” Parlare con i familiari del malato, magari nei corridoi dell'ospedale, non è né decente, né possibile, ha soggiunto Casonato con amarezza. Come dargli torto?

 


Trento, 1 ottobre 2017
SCUOLA LANGER
Casonato: «Bioetica e fine vita,
servono leggi nuove»

dal Corriere del Trentino
di domenica 1 ottobre 2017

«È lecito, e prima ancora etico, utilizzare l’ingegneria genetica per rimuovere dall’embrione i geni che gli provocano la talassemia? E per farlo nascere più muscoloso?». È partita da qui, ieri alla Scuola Langer, la riflessione sul futuro della bioetica di Carlo Casonato, docente alla facoltà di Giurisprudenza di Trento, che ha subito rincarato la dose, chiedendo: «E se usassimo sì l’eugenetica per rendere un bimbo più prestante, ma al fine di evitargli una distrofia?». «Ad oggi — continua il professore di diritto costituzionale e membro del Comitato nazionale per la bioetica — queste domande riguardano la ricerca di base, ma presto il progresso scientifico ci permetterà di mutuarle nel campo della ricerca applicata».

Vivere in un’epoca dove l’attività umana modifica sempre più incisivamente sé stessa e il pianeta comporta notevoli potenzialità, ma anche dilemmi su cui è necessario riflettere.

«Pensiamo ai robot — dice Casonato — che come gli uomini possono collegarsi a Internet e apprendere, attraverso il deep learning, nozioni diverse rispetto a quelle con cui sono stati costruiti». Ma allora se fanno danni chi risponde? Il programmatore? Il fabbricante? O l’utilizzatore, come nel caso dell’automobilista californiano che, avendo un veicolo a guida autonoma capace di frenare in presenza di ostacoli, si è distratto al volante ed è andato a sbattere, morendo sul colpo, contro un camion con dipinte sopra delle nuvole che i sensori dell’auto avevano scambiato per il cielo naturale, senza dunque rallentare? Un episodio che sembra tratto da un romanzo di Stephen King, ma che fa riflettere sulla relazione tra autonomia e responsabilità e sul ruolo che lo Stato deve ritagliarsi nel loro bilanciamento.

E proprio al legislatore si appella il professore affinché «permetta agli italiani di concludere la propria vita in modo coerente con la propria struttura morale». A oggi, se i pazienti costretti a trattamenti sanitari anche vitali possono decidere di rifiutarli, i malati pur gravi e terminali che non hanno bisogno di supporti esterni, come la respirazione artificiale, non possono fare  ricorso all’eutanasia e si trovano costretti a togliersi la vita quando ancora hanno la forza fisica per farlo, a rischiare che i propri cari incorrano nel reato di assistenza al suicidio, punibile con dodici anni di reclusione, o a non morire come vorrebbero. Una scelta che le Corti supreme di altri Paesi, come il Canada, non esitano a definire «crudele». «Si pensi a dj Fabo — conclude Casonato — lo Stato italiano gli avrebbe permesso di rifiutare la ventilazione, ma essendo i polmoni parzialmente funzionanti, avrebbe significato costringerlo a un suicidio lungo un mese.

Una scelta crudele, ma anche — concorda la platea — lesiva di quella dignità della persona che è valore fondante del nostro ordinamento».

Alexander Langer

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